Nazionale

Olimpiadi per tutti: le nuove regole del Cio per gli atleti trans

Pronto un decalogo che diverrà operativo non prima di marzo 2022, con regole più inclusive. Parla Manuela Claysset

 

Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) ha aggiornato le proprie linee guida sulla partecipazione di atleti e atlete transgender alle Olimpiadi, e più in generale alle competizioni sportive agonistiche. Le nuove indicazioni sono molto più inclusive delle precedenti, diffuse nel 2015: fra le altre cose non prevedono più l’analisi dei livelli di testosterone per determinare se una persona deve gareggiare nelle competizioni femminili o maschili, una pratica considerata molto invasiva.  
Le linee guida non sono vincolanti per le federazioni dei vari sport, ma sono un importante modello a cui fare riferimento. Sono state preparate dopo avere consultato più di 250 fra atleti ed esperti, e dovrebbero entrare in vigore dopo le Olimpiadi invernali del 2022, in programma a Pechino. 

Le nuove linee guida del CIO hanno come obiettivo quello di "promuovere un ambiente sicuro e accogliente per tutti, in linea con i principi esposti nella Carta Olimpica" e si basano su otto principi fondamentali, fra cui inclusione, non discriminazione, equità e rigore scientifico. Uno dei punti più importanti del documento, il settimo, vieta esplicitamente che gli atleti e le atlete debbano "sottoporsi a procedure o trattamenti medici non necessari" per poter partecipare a una competizione agonistica. 

"Il 2021 sarà considerato un anno cruciale per lo sport - commenta Manuela Claysset, responsabile politiche di genere e diritti Uisp - Non solo per le medaglie e le performance. Ma per i diritti, in particolare le persone trans. Il Cio in questi giorni ha pubblicato le nuove regole per lo sport e, tra queste, una inerente ad atleti e atlete transgender: non dovranno più sottoporsi a test e terapie ormonali non necessarie per rientrare nei criteri di eleggibilità per uno sport. Si tratta di un passaggio importante. Le singole Federazioni a livello internazionale sono chiamate a stabilire i criteri per svolgere competizioni e impedire che atlet* siano vantaggiat* rispetto ad altr*. Ricordiamo la presenza a Tokyo di atleti come Laurel Hubbard nel sollevamento pesi; ricordiamo la prima atleta trans italiana che ha indossato la maglia della nazionale negli europei di atletica paralimpica in Polonia, Valentina Petrillo, una storia che come Uisp abbiamo seguito direttamente portando la nostra esperienza di tesseramento Alias". 

Intervistata da La Repubblica su questi temi Valentina Petrillo ha sottolineato l'importanza di questa decisione: "Stabilisce finalmente un principio: gli atleti transgender hanno tutti i diritti a non essere perquisiti, indagati, come fossero delinquenti se hanno voglia di fare sport tra persone del sesso al quale sentono di appartenere. Le indagini mediche, e soprattutto le domande alle quali eravamo costrette a rispondere ogni volta che dovevamo scendere in pista, erano terribili, umilianti. A settembre dopo il Campionato italiano master di Rieti sono stata anche oggetto di una petizione da parte di atlete che avevano gareggiato con me, e che si sentivano penalizzate dalla mia persona: io non traggo vantaggio dalla mia condizione. Sono nata uomo e dal 2018 mi sottopongo una terapia ormonale per completare la mia transizione, i miei livelli di testosterone sono ampiamente sotto il dato indicato dal Cio come discriminante".

"Si apre certamente una fase nuova e delicata - aggiunge Claysset - Prima di tutto occorre parlare di diritti, di tutele per tutte le persone che gareggiano e fanno sport. Come Uisp ci siamo, per continuare il percorso di riconoscimento dei diritti nello sport, sapendo che ancora molto c'è da fare, in particolare per lo sport delle donne, nel nostro Paese ancora lontane dalla parità e dal rispetto di diritti e tutele. Riaffermiamo che lo sport deve essere accessibile, superare stereotipi, discriminazioni, barriere, riconoscere e accogliere le persone, che sono uniche, e dare valore alle differenze".

Le nuove regole Cio costituiscono un cambiamento piuttosto radicale rispetto alle linee guida del 2015, che fissavano un limite massimo alla quantità di testosterone affinché le atlete donne potessero partecipare alle competizioni femminili: cosa che comportava spiacevoli esami a cui sottoporsi periodicamente o nei casi più gravi a cure ormonali per poter gareggiare ufficialmente, come accadde alla mezzofondista sudafricana Caster Semenya (che fra l’altro non è transgender). Prima del 2015 le linee guida erano ancora più stringenti e permettevano agli atleti e alle atlete transgender di gareggiare nella categoria del genere in cui si riconoscono soltanto dopo un’operazione chirurgica di modifica del sesso biologico.